

Feltrinelli, 2024
Pagine 272
ISBN 9788807035784
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L’autrice mette in primo piano una città, anzi più città; un paese, anzi più paesi; le radici e lo sradicamento, e il tema complesso dell’appartenenza, che per chi, come Alma, vive sul confine, significa avere dentro di sé più luoghi e più radici: i nonni e il loro mondo austroungarico così austero, illustre ed intellettuale; la mamma che rappresenta una figura poco chiara e poco delineata, anzi forse la più ombrosa; e poi il padre, lo slavo, che le dice di non rimanere nel passato, di non dare importanza alla storia: “bisogna dimenticare per poter immaginare un mondo diverso”; a differenza del nonno che le ricorda l’importanza della storia e di leggere, studiare e capire il passato per poter dire chi siamo. E se in un primo tempo Alma sembra cedere al fascino della libertà e della novità che le instilla il padre, è dal nonno che tornerà quando tutto crolla, quando a morire è la possibilità di entrare e uscire dai paesi senza limitazioni, quando le guerre diventano imminenti e i confini mobili. Ultima menzione importante è il rapporto tra Alma e Vili che più che una trama sentimentale, è una lente attraverso cui Federica Manzon esplora i temi dello sradicamento, dell’eredità storica, e della difficoltà di costruire sé stessi in una terra dove i confini mutano continuamente. Un legame potente ma frammentato, proprio come il mondo che li ha cresciuti.
Romanzo lento, a tratti noioso. Spoglio di dialoghi. Ho apprezzato però molto le parti descrittive di Trieste, città dove ritorno sempre volentieri: l’autrice ha saputo creare scritta la giusta atmosfera che si respira ancora oggi in quei luoghi
l libro si legge con interesse. I personaggi sono delineati con profondità e gli avvenimenti storici tragici fanno da sfondo in modo puntuale. L’atmosfera mitteleuropea della città di Trieste è resa bene. Alma ha imparato dagli uomini della sua vita che è inutile desiderare di fermarsi, di dare un senso compiuto alla propria vita: tutto scorre, tutto cambia, affetti, amori, amicizie. Bellissime le descrizioni dell’infanzia e della giovinezza di Alma, dove domina, insieme a quella dell’amico Vili, la figura del nonno, l’unico uomo in fondo a rimanere un punto fermo, a trasmettere principi di ordine e di saggezza. Sostanzialmente un bel romanzo anche se un po noioso.
Il romanzo ambientato a Trieste, con la sua doppia anima balcanica e austriaca, fa emergere l’identità frammentata di Alma, la protagonista che si trova a fare i conti con un passato che ha cercato di dimenticare. Un romanzo che fa riflettere anche sui rapporti familiari e sulle verità nascoste o non indagate per scelta.
Alma é costretta a fare i conti con un passato che non ha mai capito davvero. Le persone a lei care non le hanno mai detto la verità o é lei a non essersi mai posta le domande giuste?
Alma è cresciuta a Trieste negli anni in cui Tito era in piena dittatura. Suo padre lavora per il dittatore e ciò gli permette di poter attraversare il confine senza limitazioni. Non si saprà mai quali saranno i suoi compiti per Tito. Un giorno il padre torna dall’Isola con Vili, figlio di amici dissidenti, che volevano per il figlio un’infanzia migliore. Vili e Alma crescono insieme, si scoprono, si esplorano… Vili prende un posto speciale anche nel cuore del padre di Alma. La vita poi li allontanerà, la guerra dei Balcani, il dramma dei morti e della dittatura, Belgrado sullo sfondo, città nella quale si ritroveranno Alma e Vili. Si allontaneranno nuovamente per ritrovarsi anni dopo a Trieste. Mi è mi è piaciuto molto questo libro, Trieste sullo sfondo, l’atroce guerra due anime pure, che si amano profondamente. Bello, delicato e molto intimo.